abbecedari architettonici
Collana: arti e design€28,00
«L’architecture commença comme toute écriture. Elle fut d’abord alphabet» – proclama nel 1832 Victor Hugo: l’edizione aggiornata del saggio di Sergio Polano torna a illuminare uno degli angolini poco visibili del variegato complesso che chiamiamo abbecedario. Si tratta della sua componente architettonica, apparentemente esotica ma in realtà coesistente, in forme curiose e talora bizzarre, sin dai più antichi repertori a stampa, per limitarci ad essi.
«L’architecture commença comme toute écriture. Elle fut d’abord alphabet» – proclama nel 1832 Victor Hugo: l’edizione aggiornata del saggio di Sergio Polano torna a illuminare uno degli angolini poco visibili del variegato complesso che chiamiamo abbecedario. Si tratta della sua componente architettonica, apparentemente esotica ma in realtà coesistente, in forme curiose e talora bizzarre, sin dai più antichi repertori a stampa, per limitarci ad essi. È così che dai tratti decisi del Champfleury di Tory del secondo Quattrocento si giunge a balzi ad episodi maggiori nella storia delle lettere «architettate» dal loro disegno. Dapprima segnali, come le two letters in un frammento dell’opera di John Thorpe (ca. 1563-1655?). Ben altro contributo quello di Thomas Gobert (ca. 1630-1708), Architecte des Bâtiments du Roi dal 1662. Introducendo Douze desins d’Eglises…, tutti rimasti sulla carta, spiega: «Je me suis attaché a conserver la forme des lettres, leur Iregularité n’estant pas facille a reduire, on pouroit apeler cet ouvrage un jeu d’esprit en architecture». «Baubar, praktisch, möglich» tanto quanto il saggio letterale di Gobert , l’eccezionale Architektonisches Alphabeth del 1773-74 è l’ultimo dei volumi compilati da Johann David Steingruber (1702-87), dopo Architecture Civile (ante 1748), Abdruck… (1753) e Practica bürgerlicher Baukunst (1765, 1773), tentativo sapiente di por regola all’arbitrarietà delle forme alfabetiche.
A settant’anni circa da Steingruber, con diversa prospettiva, prendono forma a Bologna delle sorprendenti edificazioni letterali. Antonio Basoli (1774-1848) descrive il suo Alfabeto Pittorico, steso dal 1821 al 1847, come un «alfabeto in calembour del genere di prospettiva o sia tante lettere». Non si sa invece granché della famiglia di artisti veneziani de(lle) Pian(e), attiva a Venezia nella seconda metà del Settecento e trasferitasi a Vienna alla fine del secolo: capostipite Giovanni Maria (1759?-1800), incisore di gusti eclettici, che porta seco il figlio Antonio (1784-1851). Poco più che trentenne, Antonio non rinuncia all’attività pittorica e incisoria. Ne son prova le pressocché finora inedite tavole del suo Alphabetto Latino, disegnate a penna e quasi tutte acquerellate. Nato a Vienna, il figlio di Antonio, Giovanni Battista (1813-56) è attivo in ambiti affini a quelli paterni. La sua opera più nota (anch’essa rarissima) è l’abbecedario architettonico Alphabet Pittoresque, pubblicato nel 1844 da Leopold Müller in un volume di cromolitografie. È certo, in ogni caso, che una sottile fascinazione per gli abbecedari architettonici (e per la promessa di trasgressività delle edificazioni letterali) è tornata a serpeggiare da un secolo circa e si è vieppiù diffusa nei pressi immediati dell’attualità.
Sergio Polano (Livorno 1950) si è laureato in architettura con Manfredo Tafuri, presso l’Iuav di Venezia, ove ha iniziato (1974-89) l’attività accademica; ha insegnato poi presso gli atenei di Udine (1989-91) e di Ferrara (1991–96), quale professore associato di storia dell’architettura contemporanea. Tornato presso l’università Iuav di Venezia (1996-2008), vi ha concluso la carriera accademica come professore ordinario di storia dell’arte contemporanea. Ha scritto una ventina di volumi (tra cui le monografie su Theo van Doesburg, J.J.P. Oud, Hugo Häring, H.P. Berlage, Joze Plecnik, Carlo Scarpa, Santiago Calatrava, Achille Castiglioni, Michele de Lucchi, Guicciardini&Magni) e oltre 400 contributi, in riviste e periodici, relativi all’architettura contemporanea, la grafica applicata, l’allestimento e il disegno industriale.
È certo che una sottile fascinazione per gli abbecedari architettonici è tornata a serpeggiare da un secolo circa e si è vieppiù diffusa nei pressi immediati dell’attualità